Il tribunale di Roma, in persona del giudice unico, dott.ssa M.R. Rizzo, propone conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera adottata nella seduta del 23 maggio 2000, su conforme proposte della Giunta per le autorizzazioni a procedere, con la quale si e' dichiarato che i fatti oggetto del giudizio civile proposto dal prof. Romano Prodi nei confronti, tra gli altri, dell'on. Pietro Armani concernono opinioni espresse dal deputato nell'esercizio delle sue funzioni (art. 68, comma 1, Cost.). Va premesso che: 1. - con atto notificato il 4-6 marzo 2000, il prof. Prodi conveniva in giudizio l'on. P. Armani, la societa' Europa di Edizioni S.p.a., e il dott. Mario Cervi, direttore responsabile, avanti questo tribunale, per ivi sentirli condannare in solido, previo accertamento del reato di diffamazione, al risarcimento dei danni derivati dalla pubblicazione sul quotidiano Il Giornale del 30 novembre 1999 di un articolo - intervista, avente ad oggetto presunti retroscena sul cosiddetto "affare S.M.E." (proc. 18685/2000). 2. - In sintesi l'attore addebitava all'autore dell'intervista on. Armani le seguenti prospettazioni gravemente diffamatorie in suo danno: a) di aver voluto egli Prodi vendere la S.M.E. a De Benedetti; b) di aver accettato un prezzo curiosamente basso; c) di avere trattato segretamente con il De Benedetti, fin dal marzo 1985; d) di essere stato molto vago nei particolari forniti in data 24 aprile 1985 al consiglio dell'IRI, e di avere taciuto la circostanza che acquirente era il De Benedetti; e) di averne informato i consiglieri IRI solo per via telefonica; f) di avere convocato una conferenza stampa per porre il consiglio di amministrazione davanti al fatto compiuto; g) di avere di fatto coartato il medesimo consiglio ad approvare la vendita. 3. - Nella delibera della Giunta per le autorizzazioni a procedere a fondamento dell'unanime giudizio di insindacabilita', si pongono le seguenti argomentazioni: a1) L'on. Armani aveva gia' manifestato le medesime opinioni in una precedente intervista al Corriere della Sera del 7 febbraio 1995, alla quale il Presidente Prodi non aveva fatto seguire alcuna iniziativa giudiziaria. b1) L'on. Armani aveva gia' proferito dichiarazioni critiche nei confronti dell'on. Prodi, con riferimento alla tentata vendita della S.M.E., in occasione di un suo intervento in aula nel corso del dibattito sulle comunicazioni del Governo, affermando specificamente "Vorrei ricordare che in fatto di diritto il Presidente Prodi ha dei precedenti all'IRI: ricordo il caso della dismissione della S.M.E., che certamente non rappresenta una medaglia al valore della sua gestione". c1) La questione della vendita S.M.E. era stata anche oggetto di numerose discussioni alla Camera (seduta del 15 maggio 1998): intervento dell'on. Bruno; secondo cui l'IRI di Romano Prodi aveva concluso un contratto che, a parere di molti, regalava l'industria alimentare di Stato all'ing. De Benedetti; seduta del 30 novembre 1999: intervento dell'on. Becchetti che faceva specifico riferimento al contenuto dell'intervista incriminata; seduta della prima Commissione permanente Affari Costituzionali del 1 dicembre 1999, con una nuova citazione da parte dell'on. Garra dell'intervista medesima). La proposta della Giunta veniva approvata dalla Camera nella seduta del 23 maggio 2000. Tanto premesso, il giudizio che si propone avanti la Corte costituzionale verte sulla tutela delle rispettive sfere di attribuzione tra la Camera dei deputati e la magistratura ed investe la controversia, che con questa atto si instaura, sulla applicazione dell'art. 68, comma 1, Cost., originata dal contrasto tra diverse e confliggenti valutazioni. La Corte e' cosi' chiamata a controllare la correttezza sul piano costituzionale della pronuncia di insindacabilita' del 23 maggio 2000 e verificare se tale prerogativa sussista; in concreto se l'opinione manifestata dall'on. Armani, nell'intervista rilasciata al quotidiano Il Giornale, sia stata espressa nell'esercizio delle funzioni parlamentari. Costituisce costante giurisprudenza della Corte che la prerogativa in esame non copre tutte le opinioni espresse dal parlamentare nello svolgimento della sua attivita' politica, ma solo quelle legate da nesso funzionale con le attivita' svolte nella sua qualita' di membro della Camera. Quindi oggetto di protezione non e' l'attivita' politica in genere del parlamentare ampiamente considerata, ne' il contesto politico, ma l'esercizio della funzione parlamentare e delle attivita' conseguenziali e presupposte, con la precisazione che tali funzioni devono riguardare ambiti e modi giuridicamente definiti. Da cio' discende che la .semplice comunanza di argomento tra la dichiarazione lesiva e le opinioni espresse in sede parlamentare non puo' bastare ad estendere alla prima l'immunita' che copre la seconda. In questo ambito la Corte, con recenti sentenze decisamente innovative, ha precisato il significato del nesso funzionale tra dichiarazione ed attivita' parlamentare, da intendere "non come semplice collegamento di argomento o di contesto fra attivita' parlamentare e dichiarazione, ma come identificabilita' della dichiarazione stessa quale espressione di attivita' parlamentare"; inoltre che il problema specifico della riproduzione, all'esterno degli organi parlamentari, di dichiarazioni gia' rese nell'esercizio di funzioni parlamentari si puo' risolvere nel senso dell'insindacabilita' "solo ove sia riscontrabile una corrispondenza sostanziale di contenuti con l'atto parlamentare, non essendo sufficiente a questo riguardo una mera comunanza di tematiche". Alla luce degli indicati principi, la delibera in esame della Camera dei deputati dovra' essere censurata dalla Corte per i seguenti rilievi, espressi in ordine alle singole ragioni posta alla base dei giudizio di incensurabilita': a1) nessuna rilevanza puo' riconoscersi al fatto della precedente intervista, di analogo contenuto, rilasciata il 7 febbraio 1995 dall'on. Armani al Corriere della Sera. Tale manifestazione di pensiero non ineriva di certo alla funzione parlamentare, non potendosi stabilire alcun nesso funzionale rispetto a tale attivita': essa era mera espressione di una generica, ampiamente considerata, attivita' politica del parlamentare. b1) ancora deve negarsi rilievo all'episodio dell'intervento in aula dell'on. Armani, tenuto nel corso del dibattito sulle comunicazioni del governo, perche' esso seppure svolto in ambito e modi propri della funzione parlamentare, manca del requisito dell'identita' sostanziale di contenuto con l'opinione manifestata nella sede esterna. Per la sua assoluta genericita', la critica cosi' mossa nella sede parlamentare ( peraltro in modo tanto sfumato da apparire come una cornice senza il quadro), ha solo una mera comunanza di tema con il contenuto dell'intervista incriminata, che, invece muove numerose, specifiche e dettagliate accuse, tanto da potersi ravvisare, neppure in sintesi, la necessaria corrispondenza di contenuti. c1) da rifiutare anche la valenza del richiamo ai tre interventi effettuati durante discussioni alla Camera. Trattasi di attivita' tutte riferibili a soggetti ed ad oggetto diversi; la seconda e la terza (del 30 novembre e 1 dicembre 1999) sono successive all'intervista dell'on. Armani e si limitano ad un semplice riferimento ad essa e non possono di certo costituirne un'inammissibile forma di ratifica successiva. Infine, quanto all'intervento dell'on. Bruno avente ad oggetto altro argomento (il cenno all'affare S.M.E. e' solo incidentale), per la genericita' ed approssimazione delle espressioni usate - riferite inoltre ad un immotivato "parere di molti" - non puo' stabilirsi un'identita' contenuto, neppure parziale, tra l'opinione cosi' resa in sede parlamentare e quello dell'intervista. In conclusione, le dichiarazioni dell'on. Armani contenute nell'intervista al quotidiano Il Giornale, non possono ritenersi rese nell'esercizio delle funzioni parlamentari e quindi per esse non e' invocabile l'immunita' di cui all'art.68, comma 1, Cost.